Pubblichiamo sintesi dell’incontro relativo alla presentazione del libro “Una vita con il cappello Alpino” a cura del Comitato di Milano Anvgd, scritto da Claudio Fragiacomo che ringraziamo per la gentile collaborazione e concessione.
«Un incontro con un generale del nostro esercito, a maggior ragione degli Alpini, è di per sé interessante, in questo caso anche per l’attualità degli argomenti che, raramente in maniera amplia, vengono trattati: la stampa, infatti, mostra una specie di ritegno o prudenza verso temi che si considerano sensibili, perciò pericolosi, e, quindi, è a volte reticente.
La conferenza aveva come motivazione principale la presentazione del libro “Una vita con il Cappello Alpino”, un testo autobiografico in cui l’Autore, il Gen. Mazzaroli, descrive con dovizia di particolari, in più di 400 pagine, la sua vita e le sue missioni, svolte in Italia in piccola parte e in maggioranza all’estero.
C’è anche un terzo fattore che rende molto interessante la partecipazione dell’Autore, ossia il fatto che il Generale, a fine Servizio Permanente Effettivo, si è dedicato alla vita associativa, svolgendo un ruolo molto importante nel Libero Comune di Pola in Esilio (così si chiamava l’odierna AIPI LCPE OdV), diventandone Presidente e successivamente prestigioso Direttore Editoriale.
Dimenticavo di osservare che questa Conferenza si deve all’iniziativa congiunta del Comitato ANVGD di Milano e del Libero Comune di Pola in Esilio, della quale si ringrazia in particolare la Presidente, Graziela Cazzaniga Palermo, per l’aiuto prestato.
Nel corso del suo lungo intervento il Gen. Mazzaroli ha trattato i temi più diversi, sia di carattere personale (quali le motivazioni della sua scelta di abbracciare la carriera militare), che quelli professionali riguardanti la sua attività militare, che si inquadravano nelle tematiche di un arco di tempo che andava dal secondo dopoguerra fino all’evento delle Torri Gemelle.
In tutta la sua narrazione, che ha acquistato la fisionomia di un testamento spirituale, Mazzaroli ha messo in evidenza il suo spirito di servizio verso gli altri, in particolare verso i sottoposti, sempre sentito, e, particolarmente quando copriva posizioni di maggiore responsabilità e di comando. Sempre mantenendo nella narrazione un tono pacato e riflessivo, con l’intento di informare gli altri più che mettere in evidenza se stesso, si è compiaciuto ricordando la missione in Mozambico, che è stata un vero esempio di successo dal punto di vista dell’aiuto ad una popolazione particolarmente indigente.
S’è sentito sempre lo spirito dell’Alpino, vissuto percorrendo i diversi gradi della carriera militare; Alpini non si nasce, anche se il paese o la regione di provenienza è una regione montana, ma si diventa, condividendo “il peso dello zaino”. Si è sentito nell’uomo tutta la soddisfazione di essere entrato in un corpo contrassegnato a volte come leggendario, maturando un sogno che si è concretizzato arrivando sino al comando della Brigata Julia, o a quello della Scuola Militare Alpina di Aosta.
Uno dei momenti più interessanti della Conferenza è stato quando il relatore si è soffermato a descrivere le condizioni della ex Jugoslavia del dopo Tito. Egli ha vissuto il trapasso da un’epoca in cui il governo centrale ancora riusciva a mantenere legate le singole repubbliche a quando, col prevalere del nazionalismo interetnico, l’odio ha incominciato a scatenarsi, fino a scoppiare nella guerra civile jugoslava.
Le osservazioni derivano da una posizione, quella di Addetto Militare a Belgrado, che il Generale non esita a definire “privilegiata”. Cita infatti la conoscenza fatta a Belgrado del Capo di Stato Maggiore jugoslavo, col quale, nella visita che congiuntamente hanno svolto nei pressi del Monte Tricorno nelle Alpi Giulie, è riuscito a stabilire dei contatti umani che prescindevano dalle diverse esperienze nazionali, esprimendo un ottimismo pieno di fede sulle possibilità che gli uomini stabiliscano dei rapporti di mutua comprensione e rispetto, indipendentemente dalle vicende umane.
L’altro episodio importante ma insieme toccante è costituito dalla visita agli occupanti della casa avita a Pola, che gli a permesso di conoscere delle persone dalla profonda umanità, con le quali sia lui personalmente, che i suoi genitori, sono riusciti a stabilire un rapporto di vera amicizia e comprensione, nel solo volgere di alcuni giorni.
Ne deriva una fede cristiana, in cui non c’è posto per l’odio verso gli altri, che porta alla convinzione che, cercando di capire “l’altro”, si riesce sempre, se c’è buona volontà da ambo le parti, a stabilire delle relazioni umane.
E questo è, in fondo, l’insegnamento che l’Uomo, non il Generale, impartisce al lettore del suo libro e che d’altronde ha saputo trasmettere nella conferenza, che raccomando di voler rivivere.»
didascalia: generale Silvio Mazzaroli